L'incertezza che atterrisce Wall Street

POPWEEK, l'economia di una settimana
05 Novembre 2016 - 16:40

 

Lo stato dell'economia

Durante la settimana che si è appena conclusa, più del solito l'andamento delle borse è stato un termometro piuttosto preciso di quel che accade sul fronte politico. E' il caso di Wall Street e dell'indice Nasdaq che hanno chiuso in negativo per 9 sedute consecutive dopo che diversi sondaggi, tra i quali quello realizzato da ABC e Washington Post, hanno iniziato a dare in vantaggio Donald Trump per la corsa alla Casa Bianca. Un altro segnale in tal senso è arrivato anche dall'andamento del peso messicano che, data la contrarietà manifestata dal magnate rispetto all'ingresso di nuovi immigrati nel Paese, nel caso diventasse presidente degli Stati Uniti, subisce l'orientamento dei sondaggi e dunque, alla notizia, si è nettamente indebolito.

 

In Italia, da martedì è ricominciata a salire la temperatura dello spread: la differenza tra Btp e Bund tedeschi, infatti, ha superato quota 157. Era da giugno, subito dopo il referendum sulla Brexit che non si verificava un simile rialzo. Il motivo è che da qualche giorno si sta verificando un rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato e questa è una “brutta” notizia per i conti pubblici perché implica un aumento della spesa per pagare gli interessi. Inoltre, gli investitori osservano l'Italia perché si teme che una vittoria del No al referendum costituzionale del 4 dicembre possa portare instabilità e possa, tra le altre cose, avere conseguenze sul processo di ricapitalizzazione delle banche.

 

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Parlando di banche, Corrado Passera ha infine deciso di ritirare l'offerta fatta per la ricapitalizzazione di Monte dei Paschi. Il motivo, ha spiegato, è che la banca senese si è opposta alla richiesta di una due diligence sui suoi conti e si è rifiutata di fornire informazioni che, secondo Passera, sono “usuali e in linea con le prassi di mercato per operazioni di questo genere”. Per Mps le accuse dell'ex banchiere sono invece “infondate”. Fatto sta che la Consob ha convocato entrambe le parti per avere chiarimenti sull'accaduta.

 

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Last but not least, mercoledì si è riunita la banca centrale degli Stati Uniti, la Federal Reserve: in concreto, nulla è cambiato per i tassi, salvo confermare l'intenzione che a dicembre dovrebbe arrivare l'atteso rialzo ventilato in passato dalla presidente Janet Yellen.

 

Il governatore della Bank of England Mark Carney ha annunciato invece che lascerà l'incarico nel 2019, in anticipo di due anni rispetto alla scadenza naturale, ma con un rinvio rispetto all'ipotesi che avrebbe lasciato nel 2018. Il motivo, ha spiegato, è garantire continuità durante la delicata fase dell'uscita dall'Unione europea. Tra l'altro, la sterlina se la passa maluccio, in effetti: nel mese di ottobre è stata la valuta con la peggiore performance tra 150 monete nazionali e da aprile ha perso il 17% del proprio valore, ma sembra anche che nell'ultima settimana sia stata la migliore dal 2009. Insomma, la confusione regna sovrana.

 

 

Oltre lo specchio

Vi ricordate che qualche settimana fa parlavamo del no della Vallonia al Ceta, il trattato commerciale tra Canada e Unione europea? Be', secondo questa analisi pubblicata su LaVoce.info, l'accordo rispetto al Ttip ha invece una serie di elementi positivi. Uno, per esempio, è il fatto che in caso di controversie tra uno Stato e una multinazionale sarà un vero tribunale internazionale e non una arbitrato a decidere sulla soluzione. Forse, dunque, potrebbe essere un punto di partenza sul quale riflettere in vista di altri accordi commerciali internazionali.

 

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Se per caso vi siete mai chiesti che cosa succede e cosa si dicono i ministri dei Paesi ricchi di greggio dietro le porte chiuse dei vertici dell'Opec, potrebbe incuriosirvi il libro scritto da Ali Al-Naimi, ex ministro del petrolio saudita che ripercorre 35 anni di incontri, dando spesso una luce nuova e differente a quelli che sono stati gli esiti pubblici. Interessante, davvero.

 

 

Bonus track

§ Giovedì è stata approvata definitivamente la nuova legge che gestisce i finanziamenti per il cinema. In sintesi, l'11% dei proventi statali di Ires e Iva legati ad attività del settore, come “programmazione e trasmissione televisiva; distribuzione cinematografica; proiezione cinematografica; erogazione di servizi di accesso ad internet da parte delle imprese telefoniche e di telecomunicazione”, costituiranno la base del Fondo unico per lo spettacolo, mentre i finanziamenti non saranno più assegnati da commissioni in base “all'interesse culturale” del film, ma in base a criteri reputati più oggettivi. In altre parole, i produttori che ricevono premi e hanno buoni incassi potranno avere nuovi fondi per fare altri film.

 

 

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