Soldi, migranti e figli

POPWEEK, l'economia nell'attualità
20 Luglio 2017 - 08:17

In principio fu Tito Boeri che in più occasioni nel corso del 2017 ha affermato come i migranti siano necessari per la sostenibilità del nostro sistema di welfare. Un concetto che ha ribadito il 4 luglio in occasione della presentazione della Relazione annuale dell'Inps alla Camera dei deputati.

 

Come ha spiegato, se l'Italia decidesse (e riuscisse) a chiudere le proprie frontiere da qui al 2040 l'Inps perderebbe 72,6 miliardi di euro di contributi versati dai lavoratori stranieri. Certo, in parallelo, ne spenderebbe anche 35,1 in meno, ma la differenza tra entrate e uscite sarebbe negativa per un ammontare pari a 37,5 miliardi, più o meno l'1,8% del Pil. E, in questo scenario, il governo sarebbe costretto a intervenire con una manovra per colmare il “buco”. “Una classe dirigente all'altezza – ha affermato il presidente dell'Inps - deve avere il coraggio di dire la verità agli italiani: abbiamo bisogno degli immigrati per tenere in piedi il nostro sistema di protezione sociale”.

 

Anche se non tutti sono d'accordo e sostengono invece che la soluzione sia piuttosto nell'incentivo alle assunzioni e alle nascite, secondo Mattia Toaldo, ricercatore presso l'European council on foreign relation a Londra, il principale problema è che l'Europa ha deciso che i propri confini debbano essere chiusi ai migranti economici. Guerre e fame però non hanno smesso di spingere le persone a cercare una vita migliore da noi e la chiusura delle vie legali ha finito solo per alimentare gli ingressi illegali. Che fare dunque? Concedere più visti di lavoro a fronte di accordi di rimpatrio più rapidi è la strada che, secondo Toaldo, l'Unione europea sta iniziando a intuire può essere l'unica soluzione percorribile, insieme con programmi in grado di rafforzare le istituzioni dei Paesi di partenza, salvaguardando lo stato di diritto e supportando lo sviluppo economico. E questa posizione – scrive – non sarebbe così impopolare come ci si potrebbe aspettare: perché regolare i flussi di ingresso, aumenta la legalità e il senso di sicurezza, richieste di buonsenso comuni a gran parte della popolazione di qualunque Paese.

 

Il punto di incontro tra il problema della gestione dei flussi migratori e della sostenibilità del welfare è una questione demografica che non si può continuare a ignorare. Come racconta l'Economist, la popolazione nei Paesi sviluppati invecchia, ma a livello sociale si fa fatica persino a definire questa “nuova” classe sociale formata da over 65 attivi e con una prospettiva di vita, in salute, in crescita. Da qui al 2100, infatti, gli over 65 rappresenteranno il triplo della popolazione attiva.

Oltre tutto, i Paesi europei sembrano avere anche scarsa coscienza del fatto che – come mostra questo grafico - quasi metà dei 28 membri dell'Ue sono destinati a veder diminuire la propria popolazione dal qui al 2050, nonostante il contributo dei migranti.

 

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